Interno
L’interno è a tre navate, separate da pilastri in arenaria proveniente dalle cave di Arquata che reggono archi a tutto sesto. Sulla controfacciata si trova l’organo Locatelli, risalente al 1875 e restaurato nel 1975.
La decorazione della chiesa risale al 1923. Rodolfo Gambini svolse i lavori di pittura, coadiuvato dal decoratore Clemente Salsa e dall’indoratore Giuseppe Arnoldi; il figurista Felice Atzori eseguì i tre affreschi della volta: l’Assunta, il Supplizio di S. Giacomo e S. Rocco fra gli appestati, mentre nella volta del presbiterio fu rappresentata l’Adorazione del S.S. Sacramento.
La chiesa presenta due file laterali di cappelle completate nell’‘800.
Le prime due cappelle furono forse quelle sorte espandendo il presbiterio in fondo alle due navate laterali (attualmente denominate del Sacro Cuore e della Madonna di Maggio), presumibilmente a fine ‘400 o nella prima parte del ‘500.
La loro edificazione rientrererebbe, dunque, nelle modifiche strutturali della chiesa ribenedetta nel 1546. Sempre nel Sedicesimo secolo vennero eretti diversi altari collocati sui muri perimetrali delle due navate laterali e le due cappelle più prossime al presbiterio (attualmente denominate del Crocifisso e del Rosario), mentre all’inizio del ‘600 si costruirono le altre due vicine, una per parte (quelle oggi dedicate a San Rocco e Maria Ausiliatrice).
Per le altre quattro cappelle, verso l’ingresso della chiesa, bisognerà aspettare la prima metà dell’800.
Nel 1829 iniziarono infatti i lavori per la costruzione delle prime due cappelle di destra e della prima di sinistra verso l’ingresso, eseguiti dall’architetto Ignazio Gardella su disegni dell’ingegner Giacomo Novara, il quale disegnò anche la facciata della chiesa.
I lavori per la seconda cappella di sinistra, come vedremo, erano invece iniziati tre anni prima. Nel 1886 cominciarono i lavori per rendere omogenee e intercomunicanti tutte le cappelle laterali, modificandole ed uniformandole con volte e archi nuovi, installando le balaustre e rinnovando i pavimenti.
Un restauro generale di tutte le cappelle è avvenuto negli anni prossimi al 2000.
Navata Destra
La
prima cappella è intitolata a S. Giuseppe. Anch’essa, come le altre tre vicine prima degli ampliamenti ottocenteschi, era limitata al semplice altare addossato contro la parete esterna della navata laterale, con quadro del santo titolare come ancona.
L’altare è stato eretto dalla compagnia del S.S. Rosario e rimase di suo juspatronato fino all’estinzione della stessa ai primi del ‘900.
L’altare che vi si trova attualmente è quello prima ubicato nella cappella privata del palazzo Spinola. Nel 1922 il quadro di S. Giuseppe, attualmente nell’ufficio del parroco, venne sostituito dalla statua lignea attuale del santo della ditta Nardini.
Nella volta si trova l’affresco attribuito a Santo Bertelli “La fuga in Egitto”, mentre nel lato destro è affisso un quadro delle “Anime Purganti”, dipinto dalla pittrice B. De Lorenzi nel 1953, che ne sostituisce un altro più antico, e nel lato sinistro si trova un quadro recente che rappresenta S. Luigi Orione. La
seconda cappella è dedicata a S. Pietro d’Alcàntara. La figura del santo in adorazione della Croce è rappresentata nel pregiato quadro che fa da ancona all’altare, dipinto dal celebre pittore genovese Domenico Piola (1624-1703) e risalente al 1675-80.
Fin dal ‘500 quest’altare è stato sotto il patrocinio della Confraternita dei Disciplinanti, ora di S. Carlo, ed aveva nel pavimento, subito di fronte sempre nella navata destra, due sepolture riservate ai confratelli defunti. Fino al 1703 era denominato “Altare di S. Croce” oppure “Altare del Crocifisso” mentre successivamente, almeno a partire dal 1720, si iniziò a chiamarlo di “S. Pietro d’Alcàntara”, per via del dipinto.
Nell’angolo sinistro è collocata la statua lignea dell’Immacolata Concezione, acquistata dalla Confraternita dalla ditta I. B. Purger di Ortisei e benedetta il 23 novembre 1924.
Come avviene da secoli, ancora adesso davanti a quest’altare si recitano le orazioni prima della partenza dei pellegrinaggi votivi al Santuario di Montaldero e a quello in Valle di Gavi.
La
terza cappella è quella di S. Maria Ausiliatrice. Di questa cappella si hanno notizie a partire dal ‘500. Già denominata “dell’Angelo Custode” e anche di S. Filomena, fu restaurata drasticamente nel 1928 e decorata da Rodolfo Gambini e Felice Atzori con le immagini di Don Bosco, Maria Mazzarello, Domenico Savio (prima della loro beatificazione). Due Angeli sono dipinti accanto alla nicchia dell’ancona, costituita dalla statua di S. Maria Ausiliatrice e sovrastata da una vetrata colorata composta dal cav. Costa di Alessandria. Statua e vetrata furono installate sempre nel 1928. Alla parete sinistra è affisso un quadro di S. Giovanni Bosco. Dopo la canonizzazione del santo, avvenuta nel 1934, il quadro fu portato in processione per un certo tempo, finché non venne sostituito dalla statua che si trova attualmente nell’oratorio dedicato a San Giovanni Bosco.
La
quarta cappella a destra è dedicata da sempre al S.S. Rosario.
Fu costruita dall’omonima Compagnia ed era già esistente nel 1572, mentre l’odierno altare risale al secolo successivo, ed è datato da un’incisione sull’architrave: SOCIETATIJ SACRATISSIMI ROSARIJ 1655.
Sopra all’altare marmoreo, come in quello di fronte del Crocifisso, sono piazzate due colonne di marmo scuro, con piedistalli e capitelli, sormontate da un architrave sul quale stanno, ai lati, due angeli con le mani colme di rose, in atto di spargerle ed, al centro, il Bambino Gesù che benedice con la mano destra e regge il globo terrestre con la sinistra.
Un’armoniosa statua di marmo bianco di N.S. del Rosario, sedente col Bambino in grembo, fa da ancona all’altare. Anche il pavimento di questa cappella, come di quella di rimpetto, è originario, a losanghe di marmo bianco e bardiglio, e conserva la botola in marmo per l’accesso alle sepolture dei defunti della Compagnia del S.S. Rosario.
Presbiterio
L’
altare maggiore in stile barocco genovese, costruito dallo scultore di Genova Andrea Torre è del 1762, e risale alla stessa epoca il crocefisso sovrastante. Nell’abside si trova un coro ligneo del 1764.
Al centro dell’abside venne realizzato nel 1812, dal pittore Antonio Muratori di Voghera, il dipinto di S. Giacomo Maggiore, santo titolare della chiesa, rappresentato nell’iconografia del “Matamoros”.
Le vetrate delle due finestre laterali del coro sono del 1909.
Nell’ambito dei ultimi restauri del 1980, che hanno interessato le volte del presbiterio, il catino e i dipinti dell’abside, sono stati messi a vista due archi in pietra con relativa lesena sempre in pietra che scende dall’imposta degli archi fino al pavimento.
Nella lesena di destra è ancora visibile la croce di color rosso della prima consacrazione della chiesa;
su quella di sinistra è stata ricollocata al primitivo posto la facciata di marmo di Carrara, del primo ‘400 e scolpita con grande finezza, del prezioso tabernacolo dei tempi in cui l’altare della celebrazione era ancora una semplice mensa, senza gradini e senza tabernacolo incorporato. Sempre nel presbiterio, si vede l’arco in pietra, in parte chiuso da un muro di spessore ridotto (cartella), sul quale si trova una piccola traccia di affreschi del ‘400 e di affreschi floreali del ‘600 e ‘700. In base alla nuova normativa liturgica del Concilio Vaticano II, nel 1988 è stato installato il nuovo altare della Celebrazione, purtroppo fuori dal presbiterio, che disturba l’effetto architettonico dell’insieme, con un paliotto in marmo del ‘700, recuperato dall’antica chiesa, ormai scomparsa, di S. Bartolomeo.
Le due cappelle sorte dall’espansione del presbiterio in fondo alle due navate laterali sono quella del Sacro Cuore a sinistra e quella della Madonna di Maggio a destra.
L’odierno altare del Sacro Cuore era, nel 1569, dedicato a S. Caterina d’Alessandria e di diritto della Compagnia del S.S. Sacramento. Sopra quest’altare venne posta nel 1613 l’urna delle Sante Reliquie, estratte dal cimitero di Priscilla di Via Salaria a Roma dal Padre Claudio Acquaviva, generale dei Padri Gesuiti e donate, tramite il reverendo Oberto Fornari, alla chiesa di Arquata. A partire da quegli anni, la cappella venne chiamata appunto principalmente “delle Sante Reliquie”. Fu ingrandita e restaurata nel 1671 col nuovo altare e la parte sovrastante tutta in marmo colorato, con l’architrave che regge ai lati due angeli ed al centro la statuetta di S. Caterina con la ruota, simbolo del suo martirio. Nel 1687 venne costruita la balaustra.
All’inizio del secolo scorso la cappella venne intitolata al Sacro Cuore di Gesù. La statua odierna venne acquistata da parte della Compagnia delle Zelatrici nel 1922. Con la costruzione della nicchia per la statua, che risale al 1939, le S. Reliquie vennero tolte e una parte di esse è conservata in sacristia.
La cappella di destra dell’altar maggiore, già intitolata a San Bartolomeo e risalente al Sedicesimo secolo, è stata rinominata “della Madonna del Sacro Cuore” o, comunemente, “della Madonna di Maggio”, all’inizio del secolo scorso. La statua lignea fu collocata nella nuova nicchia marmorea, approntata nel 1940.
L’altare attuale e della parte marmorea sovrastante sono del 1685, come risulta dalla frase incisa nell’architrave: JUS PATRONATI COMUNITATIS ARQUATA 1685, confermando che questa cappella era di proprietà dell’ospedale omonimo e quindi della Magnifica Comunità di Arquata. Sullo stesso architrave posano lateralmente due vasi con fiamme, e nel mezzo di essi, sopra un piedistallo, si trova la statuetta di S. Bartolomeo, in marmo bianco.
La cappella è situata nell’area di elevazione del campanile e dietro alla parete dell’ancona, in un’intercapedine, dove un tempo scendevano le corde per suonare le campane dal basso, sussistono ancora dei resti di un antico dipinto quattrocentesco, dove si riconoscono dei santi e degli angeli. Nella parete del lato sud di questa cappella è stata approntata nel 1929 una nicchia per deporvi l’urna con dentro la statua del Cristo Morto acquistata in quell’anno.
Per una scala si scende alla cripta, cui si accede anche da Via Libarna. Edificata a partire dal 1633, la cripta era la cappella privata della famiglia del marchese Filippo Spinola. La cripta è affrescata con dipinti relativi alla Storia della Salvezza con l’Annunciazione, la Passione di Gesù Cristo e la sua Risurrezione, attribuiti a Giovanni Battista Carlone (1603-1683/84) oppure a Lazzaro Tavarone (1556?-1640).